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Penniless journalist, voulunteer in Banska Bystrica (Slovacchia)through the European Solidarity Corps. In this blog, in which I will try to post in both Italian and English, I''ll write about myself, Slovakia and much more. I

Sunday, 17 January 2021

Oh-mamma-mia li turchi!- Storia di B.


Se c'è qualcuno che mi ha particolarmente colpito durante il mio percorso di volontariato in Esc, quelli sono certamente i turchi.  Eh già. I turchi, a dispetto di quanto si pensi, sono molto simili a noi italiani: piace la buona cucina, sono calorosi, amano divertirsi. E proprio come noi, molti di loro scelgono di andare via dal proprio paese. «Anche tu non vorresti vivere in Turchia, se fossi al posto nostro» - mi ha detto un giorno uno dei volontari turchi conosciuti in Slovacchia, quando gli ho chiesto il perché tutti i turchi con cui avevo parlato durante l'Esc, sembrassero volessero scappare dalla propria patria. Il regime politico "dittatoriale" instaurato dal presidente Erdogan e la progressiva islamizzazione del paese, a quanto pare, non sembra essere andato giù a diversi turchi. Soprattutto a quelli di nuova generazione. La situazione della Turchia in generale, comunque, è alquanto complessa. Così complessa che, perfino un paese come la Slovacchia, che per noi italiani potrebbe sembrare  pieno di contraddizioni  e stranezze, dai turchi è visto come un vero e proprio paradiso.  


«Non tutti i turchi vogliono andare via - mi hanno ancora spiegato  - ci sono alcuni che amano la nostra terra, ma altri preferiscono emigrare altrove»Come noi italiani, insomma. E a noi non può che sembrare, quindi, una pessima idea che qualcuno dei turchi voglia venire a vivere proprio in Italia. Almeno questo è il pensiero che ho fatto quando B., un  volontario turco , mi ha raccontato del suo sogno di trasferirsi in Italia. 
La sua prossima tappa, in questo 2021, dopo la fine del volontariato in Slovacchia, sarà  infatti, molto probabilmente Bologna o Milano dove si iscriverà all'università per studiare economia e business. Il suo sogno è la Bocconi, ma è ben consapevole che essere ammesso a quest' ultima è molto difficile, oltre che poco economico. 
B. in Turchia, a quanto pare, studiava biologia molecolare. «Come mai hai scelto di cambiare completamente percorso di studi?»- gli ho chiesto, curiosa, un giorno. «Why not?» mi ha risposto lui in modo secco e sicuro, come se gli avessi posto una domanda  superflua.  Ed in effetti,  a guardarlo ti viene davvero da chiederti e "perchè non dovrebbe?" B.  ha  il portamento di un futuro uomo d'affari, nonostante  la giovane età e ha un tale modo di fare "elegante" che riuscirebbe a venderti merluzzi per sogliole senza che nemmeno tu te ne accorga. Parlare con lui mette, a volte, soggezione.  
«Guarda che in Italia la situazione  non è facile, soprattutto se vuoi anche lavorare » gli ho detto,poi, mettendolo in guardia sulle difficoltà che avrebbe potuto incontrare una volta qui nel nostro paese. Di rimando,  ha alzato semplicemente le spalle dicendo che non gli importa e che il suo sogno è quello di arricchirsi di una nuova cultura,  e di imparare l'italiano. Dell'Italia, B è davvero innamorato. Gli si illuminano gli occhi ogni volta che ne parla e non fa altro che ripetermi parole random e frasi italiane unitamente a "Stay strong Italy" a mo' di incoraggiamento alla nostra nazione.  C'è qualcosa di esilarante comunque nel modo in cui si gasa quando parla dell'Italia.  Come è esilarante anche  il fatto che  una delle poche frasi ddi senso compiuto che  sa dire e che gli ho insegnato è "stai zitto, sei una pizza!"
E se B. sogna l'Italia, c'è chi, invece, come H. sogna di andare via dalla Turchia, in una altra parte  qualsiasi d'Europa, lontano dalla sua famiglia che è un tantino tradizionalista. Ma questa è un' altra storia.



 "Questa è la storia di B, che viene dalla Turchia
Si diverte sempre a dire "Ohmammamia!"
B a cui 
 piace anche spesso dire "Sei una pizza!"
non immagina, però, che in italiano non è il complimento che ipotizza!
 B. che dice "Noi turchi e voi italiani in cucina formiamo un team grandioso!"
Per lui il cibo italiano è meraviglioso!
B.
 a cui  piace far festa, 
ma ha le idee ben chiare in testa:
l'Italia è il suo sogno nel cassetto, 
per questa desidera di sola andata un biglietto.
 B., che a Milano o Bologna sogna di studiare
e non ascolta chi dice "lascia perdere, in cosa ti vuoi impelagare!"
B. cui non importa in fondo ricco diventare,
l'italiano e la sua cultura vuole solo imparare. 
"Un giorno chiamerò i miei figli Matteo o Lorenzo"-
una sera B.
mi ha raccontato
"e se son donne, Gabbana o Milana" ha poi così  scherzato.
B. che del Bel paese è davvero innamorato.
"Stai attento- gli dico - potresti rimanere con il cuore  spezzato!"
 B. che vede l'Italia come solo un poeta potrebbe fare,
 e anche noi italiani della nostra stessa nazione farebbe re-innamorare!
B. che non smette di sognare 
e che,  come dice in turco, "Devam" va avanti,
 non ha paura della difficoltà che si troverà davanti". 

 


 ( Sono tornata dono tanti mesi a scrivere sul mio blog. Nonostante il mio servizio di volontariato sia * interrotto, in questi mesi ho comunque avuto modo di conoscere il mondo del corpo europeo della solidarietà e di fare comunque amicizia con alcuni volontari. CI sono inoltre alcune cose che ancora non ho raccontato in merito ai miei mesi passati in slovacchia. quindi...bhe, ho deciso di riprendere questo mio spazio peraonel e raccontare altre curiosità:)


  





Sunday, 3 May 2020

My experience in the European Solidarity Corps. La mia esperienza nel Corpo europeo di Solidarietà



Ho deciso di partire per il Corpo Europeo di Solidarietà un giorno di fine Ottobre dello scorso anno.  Venivo fuori da un periodo non propriamente dei migliori della mia vita: il mio storico ragazzo mi aveva mollata di punto in bianco per mettersi con un' altra, ( e fosse stato solo questo il peggio di tutta la situazione....), il lavoro non andava altrettanto meglio. Curriculum su curriculum inviati per tutta l'Italia senza alcuna risposta, nonostante due lauree e diverse esperienze  di lavoro alle spalle nel mio settore di studi. Quei quattro spiccioli che racimolavo ogni due mesi, (sempre  se mi andava bene) con il mio impiego da giornalista presso il giornale dell'isola dalla quale provenivo (Ischia) o con quei lavori saltuari che riuscivo a trovare di tanto in tanto, non mi bastavano a creare di certo una mia indipendenza; Senza contare poi che l'editore del giornale mi trattava spesso come un'idiota o sembrava quasi dovessi pagare io lui per il lavoro che svolgevo. Mi sentivo totalmente fuori posto: come se ci fosse qualcosa di sbagliato in me o non fossi abbastanza all'altezza o come se nella mia vita avessi sbagliato tutto.

Da diverso tempo il mio desiderio era quello di fare un'esperienza all'estero, ma non avevo abbastanza soldi da parte per potermi trasferire altrove. Un bel giorno girando sul web ho, però, finalmente trovato quello che sembrava facesse al caso mio: il Corpo Europeo di Solidarietà, iniziativa promossa dall'Unione europea, aperta ai giovani dai 18 ai 30 anni, attraverso la quale si dava loro la possibilità di prendere parte a progetti di volontariato e di tirocinio all'estero, o anche nella propria madre patria, a costo praticamente 0:  alloggio, viaggio di andata e ritorno tutto pagato dall'associazione ospitante, più un pocket money mensile ( intorno ai 250-300 euro al mese a seconda del costo della vita del paese ospitante) che mi avrebbe consentito di fare un' esperienza in un' altra nazione senza aver bisogno di  soldi da parte. Così mi sono detta: why not? In fondo non avevo nulla da perdere.

Un pò forse la rabbia per tutti gli eventi spiacevoli che mi erano capitati, un desiderio di rivalsa e di implementare il mio Curriculum e la voglia di fare qualcosa di diverso che desse una ventata di aria fresca alla mia vita, sono stati la spinta che mi ha portato ad intraprendere un progetto ESC fuori dall'Italia.  

 Ho così cercato un progetto che fosse attinente al mio percorso di studi e di formazione o che quanto meno gli si avvicinasse e dopo vari colloqui  per diverse destinazioni sono stata selezionata per un progetto in Slovacchia, per l'organizzazione Platform of volunteer centres and organization.   Il mio compito sarebbe stato quello di diffondere l'idea di volontariato, attraverso workshop, open day,  social network o creando un mio progetto ad hoc di comunicazione.
 L'idea di partire per un paese che non conoscevo affatto, lingua compresa, mi spaventava, ma la parte determinata di me non voleva tirarsi indietro a nessun costo. A maggior ragione perchè, in fondo, tutto quello che avevo conosciuto fino a quel momento, comunque mi si era rivoltato contro.

 Così a Gennaio sono partita.  Non è stata una passeggiata, sarò sincera: mi sono ritrovata a Banska Bystrica , una cittadina universitaria nel centro della Slovacchia, come unica volontaria del progetto in questione. Proprio perchè non era stato selezionato nessun altro volontario, ho sentito ancora di più la lontananza da casa, dai miei amici e a volte la solitudine. Anche i mentori che avrebbero dovuto aiutarmi ad inserire nella vita cittadina del posto o quanto meno farmi conoscere il luogo, non sono stati molto di aiuto nel mio caso, troppo occupati spesso e volentieri nei loro impegni per poter svolgere bene quello che doveva essere il loro compito nei miei confronti. Ci sono stati interi weekend che trascorrevo da sola, in un dormitorio studentesco femminile che ogni sabato e domenica si svuotava del tutto; mi sono sentita spesso spaesata dalla freddezza degli slovacchi e delle mie stesse coinquiline del dormitorio. Quando poi è arrivato il Coronavirus, non  è mancata lo stress di trovarmi da sola, in un paese straniero e la frustrazione di non poter più svolgere alcuna delle attività che avrei dovuto fare e di non poter incontrare nessuno. Per me è stata quindi un' esperienza di sfida su ogni fronte. Nonostante i numerosi alti e bassi, però, quella nell'ESC è un'esperienza che rifarei senza alcuna remora.

Ho avuto modo di conoscere una nuova cultura ed un paese che generalmente nessuno prende mai in considerazione, ho spinto me stessa, nonostante la timidezza e l'insicurezza che mi hanno sempre caratterizzata, a crearmi  da sola una rete di contatti sociali, anche al di fuori della mia  host organization e del mondo del volontariato; mi sono ritrovata, in alcuni giorni, ad andare a zonzo all'avventura, a scoprire nuovi posti, anche lontano da Banska Bystrica, prendendo treni, autobus, pur sapendo che, se mi fossi malauguratamente persa, sarebbe stato un bel casino chiedere indicazioni, dato che in Slovacchia in tanti non sanno parlare inglese o non lo capiscono. Ho imparato a gestire la vita casalinga  dovendo  calcolare le spese in base al mio pocket money mensile.
Ho conosciuto anche tanti volontari  ESC sparsi per la Slovacchia,- qualcuno solo purtroppo
virtualmente (dato lo scarso tempo che abbiamo avuto a disposizione)- venuti da ogni parte dell'Europa: Turchia, Spagna, Estonia, Francia, Bulgaria, Polonia, etc etc.  C'era chi teneva classi di inglese aiutando alcune organizzazioni nella capitale Bratislava, chi organizzava attività ricreative o di inserimento sociale per la comunità rom in alcuni piccoli villaggi, chi,  organizzava attività nel teatro  o festival culturali,  o chi, come me, aveva un progetto più di promozione e divulgazione. 

Quando si parla di volontariato in tanti pensano solo che si tratti di fare opere di bene verso il prossimo,  e che non ci sia nessun guadagno (almeno dal punto  di vista monetario) ma non è così.
Soprattutto quando si parla del Corpo Europeo di Solidarietà. I soldi che prendevo mi bastavano non solo per vivere, ma anche, volendo, per girare le città non lontane dalla Slovacchia. Oltre ad  aver potuto supportare la Piattaforma  in alcune attività e al tempo stesso imparato cose nuove sul mondo del volontariato e non solo, è stata un esperienza di arricchimento personale e un modo per guardare le cose da una nuova prospettiva. Una mattina, ad esempio,  la coordinatrice del mio progetto mi ha chiesto di realizzare un albero dei miei obiettivi personali, di riflettere su cosa sapevo fare o su quello in cui credevo di essere brava e le skills che avrei voluto imparare o migliorare durante il mio percorso nel Corpo europeo di solidarietà. E' stato per me un momento per riflettere sulla mia persona, sui miei limiti e sulle mie capacità e su quello che potevo fare per evolvermi in una versione migliore.


 Purtroppo poco dopo due mesi è  arrivato il Coronavirus più qualche altro intoppo di altra natura all'interno alla organizzazione che ha reso difficoltosa per me la permanenza in Slovacchia.Al momento sono in Italia, con ancora diversi punti interrogativa sulla mia vita professionale e personale,  ma posso dire che l'esperienza in ESC mi ha insegnato molto, seppure il tempo sia stato poco e mi ha aiutato ancora di più a rigenerarmi dopo il periodo difficile che avevo vissuto.

 A tutti i giovani che magari si ritroveranno a leggere questo mio post,  quindi, è un'esperienza  che consiglierei di fare. L'ESC è un'occasione non solo per avvicinarsi ad altre culture e implementare il proprio curriculum professionale,  ma anche per  mettere alla prova la propria persona e guardare se stessi sotto una prospettiva differente.





I decided to leave for the European Solidarity Corps one day in late October last year. I came out from a time not exactly the best of my life: after twelve years my boyfriend  broke up with me because of an other girl; the job situation was not so much better. Lots of Curriculum sent throughout Italy without any feedback, despite two degrees and different work experiences behind me in my field of study. Those few money  that I collected every two months with my job as  journalist or with those occasional jobs that I could find from time to time, were not enough to create certainly my independence; Moreover  the editor of the newspaper often treated me like an idiot, (just because maybe I am the youngest in the staff) as if I had to pay him for the work that I did. I felt totally out of place: as if there was something wrong with me.



For some time my wish was to have an experience abroad, but I hadn't enough money to be able to move to somewhere. However, one day,  browsing the web, I finally found what I was looking for:  the European Solidarity Corps, an initiative promoted by the European Union open to young people aged  from 18 to 30 years old, through which they have the opportunity to join in volunteering and internship projects abroad, or even in their mother country, at 0 cost: accomodation, go anche back travel tickets  from your country to the project destination, paid by the host association plus a monthly pocket money (around 250-300 euros per month) that would have allowed me to do an experience in another country without needing to have a nice bundle of money aside. So I told to myself: why not?


Probably a little  bit of anger for all the unpleasant events that happened to me, a desire for revenge and to implement my CV and the desire to do something different that would give a turn to my life, were the push that led me to join an ESC project.


So I searched for a project that was close to my studies and after various interviews for different destinations  and projects, I was selected for a project in Slovakia, for the Platform of  volunteer centres and organizations.  My job would have been to spread the idea of ​​volunteering, through workshops, open days, social networks or creating my own communication project. The idea of ​​leaving for a country that I didn't know at all, including language, scared me, but the determined part of myself didn't want to step down at any cost. Especially because it was an opportunity to expand my intercultural knowledge and to prove to myself that I could survive in a totally unknown place.


 I left in January for Slovakia. It was not an easy walk: I  was in Banska Bystrica, a Slovak university town, as the only volunteer of the project for Platoform. This is why probably, - because there were not  others  volunteers with me-  I felt even more the distance from my  home, from my friends and sometimes the loneliness. Even the mentors who should have helped to introduce me into the local city life or at least let me know the place, were not very helpful: too busy  sometimes in their schedules, to be able to do well what should have been their task towards me. There were whole weekends that I spent alone, in a female student dormitory that every Saturday and Sunday was empty; I often felt confused by the coldness of some Slovaks and of my own roommates from the dormitory. When the Coronavirus arrived, I was frustrated and stressfull of being alone, in a foreign country, without any cohabitant in my accommodation with whom to exchange even a little chat, or to meet someone and of not being able to carry out any of the activities that I should have done.

 So for me it was a challenging experience. Despite  the ups and downs, however,  I would do again the ESC Experience, without any regrets. 


I discovered a new culture and a country that generally no one  takes into so much consideration, I pushed myself, despite the shyness and insecurity that always characterized me, to create  by myself a network of social contacts, even outside from my host organization; I found myself, in a few days, strolling around the adventure, discovering new places, even far from Banska Bystrica, taking trains, buses, although I knew that if I  unfortunately lost myself, , it would have been  a problem to ask for directions, because lots of people in Slovakia  can't  speak  in English or can't understand it.  I learned how to manage my home life,  calculating the expenses based on my monthly pocket money.


 I also met many ESC volunteers around Slovakia, unfortunately some of them just online, who came from all over Europe: Turkey, Spain, Estonia, France, Bulgaria etc etc. There were those who held English classes, helping some organizations in the capital Bratislava, those who organized recreational or social inclusion activities for the Roma community in some small villages, and those like me who had  promotion and dissemination project.


When we talk about volunteering,  people think only that it is just someting connected to  help others in someways, that there is no gain (at least not monetary) etc etc but it is not totally true. The money I took was enough for me not only to live, but also to travel around the cities and nations not far from Slovakia;  moreover,  besides having put my skills or knowledge at the disposal of the host organization and at the same
time learning  new things, volunteering in Esc was an experience of personal enrichment.

One day, in fact, the coordinator of my project asked me to create a tree of my personal goals, to reflect about what I can  do or what I thought I was good at and the skills that I wanted to learn or improve during my path in the European Solidarity Corps. It was a moment for me to reflect about my limits, my abilities.



Unfortunately, the coronavirus arrived and it made my stay in Slovakia difficult for me and I decided to take a break from the project. At the moment I am in Italy, with still several question about my professional life, but I can say that the experience in ESC taught me a lots, althought the  short time, a and helped me even more to regenerate my self after the difficult period that I had experienced.

So I would like to say  to all the young people who probably will read this post that  ESC is  an experience that I would recommend. It is  an opportunity not only to get closer to other cultures, but also to look at yourself from a different perspective.




Wednesday, 25 March 2020

Travelling by trains and going to the church



Se c'è una cosa che, almeno noi italiani, proprio non dobbiamo invidiare agli slovacchi, sono le linee ferroviarie: treni vecchissimi e lenti che, specialmente, durante i week- end funzionano in forma molto ridotta. Peggio di Trenitalia. Tra vecchi catorci, ritardie corse soppresse, viaggiare in treno in Slovacchia può trasformarsi in una mirabolante avventura. Ancora di più poi se, ci si aspetta, come generalmente funziona di norma, che i treni per andare e tornare da un luogo debbano prendere direzioni opposte. In Slovacchia, però, non funziona in questo modo. O almeno non sempre. Può capitare, infatti, che il treno per riportarti nel luogo da cui sei venuto, vada nella medesima direzione del posto in cui sei giunto. Non so se mi spiego. Risultato? Se sei straniero, non sai lo slovacco, non hai la fortuna di trovare qualcuno che parli inglese e nella stazione non c'è alcuna indicazione chiara, si rischia di capirci ben poco su come muoversi.
Se non altro percorrere alcune tratte è davvero molto economico: a volte i biglietti, per percorrenze anche di venticinque minuti, costano solo un euro. 
Se ci si vuole invece muovere in taxi, si può far ricorso a Bolt, una economica
 compagnia molto simile ad Uber. 

Peculiarità logistiche a parte, la Slovacchia è un paese in cui non mancano le stranezze neppure sul piano religioso. Come i preti che simpatizzano per i partiti di estrema destra tra cui anche Kotleba. Sembra assurdo, ma è così. Pare che qualche tempo fa l’arcivescovo di Trnava, abbia inviato un monito ai sacerdoti della sua diocesi, dicendosi addolorato del fatto che alcuni di
questi avessero dato sostegno a ideologie politiche non molto lontane dal vecchio regime nazista.. Insomma, noi ci lamentiamo del clero italiano, ma a quanto pare gli slovacchi, sotto alcuni punti di vista, stanno messi peggio. 

Quante alle celebrazioni liturgiche...bhe...queste fanno un' ottima concorrenza, in termini di pedanteria, a quelle italiane. 




Una domenica pomeriggio, insieme ad un amico e alla sua ragazza, per pura curiosità personale mi sono ritrovata a partecipare ad una messa a Banska Bystrica.
Seguire la messa slovacca, senza capire una sola parola si è rivelata essere un esperienza "mistica", e non in termini religiosi: durante la messa i fedeli si alzavano e sedevano ripetutamente,-peggio di un allenamento in palestra - sulle note di canti interpretati da "tenori"o comunque gente che aveva studiato lirica (mica come i cori  sempliciotti che abbiano in italia!).  

Quello che mi ha colpito di più?  Sicuramente, la presenza di un  piccolo display che, a quanto mi hanno spiegato, indicava il numero della lettura, tratta dalla bibbia, che si stava eseguendo. 

Più che a messa, insomma, mi sono sentita per un attimo come se fossi alla posta. 

Monday, 16 March 2020

Gli effetti del coronavirus sugli slovacchi, Parte due. The effects of coronavirus on slovaks

Una calma quasi surreale ha invaso le strade di Banska Bystrica nel primo weekend dopo  la dichiarazione dello stato di emergenza  per il Coronavirus da parte del governo Slovacco. La domenica in questa città non è mai stata molto vivace, ma  per la prima volta il centro di Banska Bystricia si è quasi completamente svuotato.
 In tutta la nazione allo stato attuale si contano  un centinaio e più di casi di positività al virus. E il numero è destinato con ogni probabilità a crescere.  Tanti, infatti, gli slovacchi che ad inizio marzo sono tornati dal Nord Italia dopo essere stati nel Bel paese a sciare. 
 Per arginare la diffusione del Coronavirus, il governo, sulla scia di quanto fatto in Italia,  ha imposto rigide restrizioni:  chiusura dei pub, dei ristoranti, dei centri commerciali, delle scuole, delle università, di tutti e tre gli aereoporti nazionali, unitamente allo stop dei servizi di trasporto pubblico che collegano la Slovacchia alle nazioni vicine, con riduzione anche dei trasporti su gomma sul territorio nazionale.   Il governo pare che abbia istituito anche alcuni luoghi appositi per permettere alle persone di rientro dall'estero di mettersi in quarantena. 
 Subito dopo l'annuncio dello stato di emergenza, come per magia, le persone  hanno cominciato girare con la mascherina, anche se, pure qui,  non tutti sembrano essersi resi a pieno conto della situazione.

Se da una parte c'è chi ancora minimizza,  dall'altra  c'è tuttavia anche chi sembra essere sull'orlo di una crisi di nervi, dando il via alla classica caccia all'untore.  Un'imprenditore di nazionalità italiana, infatti, è stato segnalato e denunciato alla polizia per non essersi messo in quarantena. La sua colpa? A quanto pare quella di essere  rientrato dall'italia.... A METà GENNAIO!!.(  ebbene si, quando non era ancora scoppiato il pandemonio)

Mentre chiudono i confini a destra e manca, il governo slovacco sta facendo di tutto per  rimpatriare i propri connazionali all'estero, ma lo stesso non si può dire  per chi, straniero come me, è rimasto letteralmente bloccato in questo paese. L'ambasciata italiana a Bratislava ha diramato un annuncio per  i cittadini non slovacchi presenti sul territorio nazionale, consigliando loro di tornare nella propria patria d'origine, senza  però, pensare  al come far avvenire questo rimpatrio in modo decente. Eh già, perché senza voli, treni e altre forme di trasporti, è davvero impossibile in questo momento poter far rientro a casa.  Giacché se ne dica che in questo momento sia meglio non tornare in Italia  e mettere a rischio se stessi e i propri familiari, c'è purtroppo chi  ha la necessità di doverlo fare o chi, semplicemente, non se la sente di affrontare una pandemia globale in un paese straniero, lontano dai propri cari. Specie se il  rischio di restare bloccati all'estero per un tempo lungo indefinito è sempre più alto e non sei sicuro dell'efficienza del sistema sanitario del paese che ti ospita. Il meglio che, però, l'ambasciata riesce a fare, per chi vuole tornare a casa, è indicare un vero e proprio viaggio della speranza o opzioni decisamente impossibili da realizzare: Come  attraversare il  confine Austria- Slovacchia  a piedi per arrivare agli aeroporti di destinazione,o fittarsi un auto e arrivare  nella nazioni limitrofe!!  Peccato solo che mentre chi di competenza elargisce queste "utilissime" soluzioni, sono già diversi giorni  che i  vicini paesi hanno chiuso i proprio confini, oltre ad aver annullato tutti i voli disponibili.  L'ultimo "ammirevole" supporto dell'ambasciata è stato quello di organizzare un autobus  in direzione Tarvisio, con una stazione ferroviaria da cui non parte quasi nessun collegamento decente per le altre regioni di Italia. Ma non è finita qui: perchè non solo  si viene lasciati una stazione senza molti collegamenti, ma per giunta anche  in piena notte!! 
Al momento resta tutto un grande interrogativo,
Una cosa comunque è sicura: in tempi di emergenza, anche gli Slovacchi, proprio come gli italiani,
hanno fatto la corsa a svuotare i supermercati e, nonostante sia un popolo che vada avanti a zuppe e verdure, la prima cosa di cui hanno  fatto provvista è stata l'immancabile pasta italiana...

Wednesday, 11 March 2020

"Incontri su una panchina"


Seduta su una panchina, un'anziana signora con il suo cane si avvicina.
Ha l'aria trasandata.
Chissà per quale esperienza di vita è passata.
 Forse una zingaara rom, non so,
In slovacchia ce ne sono un bel pò.
Comincia a parlarmi in slovacco,
ma la nostra comprensione si rivela all'inizio si rivela un pò un fiasco.
Non so come riesco a capire le sua domande a tentoni,
così per risponderle uso google traduttore
sperando possa farmi da vettore.
Finalmente lei inizia a capire cosa sto cercando di dire.
Dopo un pò un euro mi chiede,
probabilmente ben poco possiede.
Così le do una moneta ed improvvisamente mi abbraccia
poi alza le braccia,
come ad incoraggiarmi e buona fortuna augurarmi.



Tuesday, 10 March 2020

Gli effetti del Coronavirus sugli Slovacchi - the effects of coronavirus on Slovaks

Se c’è una cosa che proprio non immaginavo quando ho deciso di tuffarmi in quest’ avventura nel corpo europeo di solidarietà era quella di ritrovarmi, ad un mese e mezzo dal mio arrivo in Slovacchia, nel bel mezzo di un’ epidemia globale. Essere all’estero in questo momento e per di più essere di nazionalità italiana, equivale per me ad essere etichettata come un virus vivente. E poco importa se dico che sono partita dalla mia nazione un mese e mezzo fa. Qui non appena sentono la parola italia o italiano/a mi guardano ormai terrorizzati.

Dopo i primi casi di coronavirus registrati per lo più a Bratislava, tutte le università e le scuole del paese sono state chiuse. Tutte le attività pubbliche cancellate, comprese quelle che avrei dovuto fare io. Mi hanno raccontato che alcuni turisti, non italiani,che qualche giorno fa sono arrivati a Banska Bystrica e che apparentemente non presentavano alcun sintomo, sono stati prelevati di forza dall’hotel in cui alloggiavano dalla polizia e sono stati messi sul primo aereo disponibile per casa loro. Perfino i loro bagagli sono finiti in una sorta di “quarantena”. Non oso immaginare se fossero stati italiani !!!

C’è da dire, comunque, che da quando questa storia del Coronavirus e degli italiani come portatori dell’epidemia in questione, ha cominciato a diffondersi qui in Slovacchia, ho assistito a dei comportamenti che definire illogici è dire poco. Nei giorni scorsi, ad esempio, sarebbe dovuta venire a trovarmi un’amica dall’isola. Aveva pianificato la “ vacanza” giusto una settimana prima che scoppiasse il putiferio nel bel paese. ( La solita sfiga..)

Una volta scoppiato il bubbone in italia, la proprietaria del mio dormitorio ovviamente ha deciso che la mia amica rappresentava un pericolo. Ok, dopotutto, avrei potuto capire la sua preoccupazione. Quello che, però, non ho capito è perché abbia negato il pernottamento della mia amica nella mia stanza, ma ha acconsentito alla sua visita nel medesimo dormitorio. Immaginatevi la mia faccia perplessa mentre mi spiegavano ciò. E perplessa lo sono diventata ancora di più, quando la stessa proprietaria che riteneva la mia amica italiana un problema, ha fatto entrare in casa sua, senza battere ciglio, la mia coordinatrice del progetto- la quale aveva tosse e altri sintomi influenzali- ed è stata per una buona ora seduta fianco a fianco con quest’ultima. Sotto lo stesso tetto. Are you serious??? Volevo dirle. Magari la mia stessa coordinatrice poteva aver contratto il Coronavirus senza saperlo...ma ok...

Qualche slovacco comunque ci scherza sul fatto che il virus sia arrivato, teoricamente, solo ora in questo paese. “ Forse- mi ha detto qualcuno qualche giorno fa- anche il coronavirus non trova molto accogliente la nostra nazione!”

Battute a parte,  nonostante ci sia ben poco da ridere in questa situazione, trovo alquanto ironico che la prima volta in cui sono partita per l’estero,non per una semplice vacanza, sia arrivata un epidemia globale che rischia di farmi restare bloccata in questo paese per un tempo indefinito…

Thursday, 20 February 2020

Nech sa paci


La prima frase che insegnano qui in slovacchia ad uno straniero è: "Nech sa paci" che corrisponde in inglese a "here we go" e all'italiano " ecco qua o ecco a te/voi". "Strano"- ho pensato la prma volta che ho aperto il libro di slovacco e ho visto che era tra le prime frasi da imparare. Ho capitolo solo qualche settimana dopo il perchè: al supermercato, nei locali pubblici, sull'autobus quando il controllore di controlla il biglietto, quando ti lasciano il posto a sedere, gli slovacchi usano "Nach sa paci". Un espressione colloquiale che infilano quasi ovunque. Gli slovacchi dicono anche molto spesso supero, il corrispettivo italiano di "Ok, fantastico", o "it's great". in inglese. Qui si usa anche il "Ka" per dare un nomignolo alle persone che conoscit. Così Silvia può diventare Silvinka, Ida Idka e così via.


Non so perché, ma rimango sempre ancora stupita, quando al supermercato, i cassieri, mentre porgo loro le cose da pagare, mi dicono con cortesia buongiorno e buona sera, troppo abituata forse alle faccia da funerale che hanno i cassieri in italia.

La situazione politica di questo paese è alquanto incasinata.
Il partito  di estrema destra, quello neo-nazista, ha lo stesso colore di quello della Lega Nord italiana ( Guarda un po' i casi della vita!). Chissà perché questi movimenti politici di destra usino proprio il verde speranza come colore per i simboli dei loro partiti! Il partito social- democratico, il primo partito del paese, non pare essere, comunque,migliore. Sembra che qualche esponente dello stesso, in un recentissimo passato, abbia avuto contatti con la 'ndrangheta italiana. (Eeh già noi italiani siamo sempre ovunque!). Due anni fa un giornalista slovacco, Jan Kurakick, è stato assassinato proprio per aver scoperto gli affari illegali tra il governo e la criminalità organizzata. Anche qui comunque, sembra che non manchino esponenti politici e ministri senza titoli accademici. Pare che uno di questi abbia falsificato la propria laurea(sembra che non l’avesse proprio!). Dopo lo “scandalo” è, però, allegramente ancora in giro ad esercitare il proprio ruolo come se nulla fosse, nonostante,da come mi hanno detto, sia stato richiesto anche l’intervento della polizia.

In Slovacchia, i ragazzi sembra che abbiano, qualche volta, degli hobbies decisamente particolari. Proprio come Haruj, un ragazzone di venticinque anni grande e grosso,dall'aria un po' burbera,ma che-difficile da credere solo a guardarlo- ha come hobby quello di cucire e ricamare.

Dopo quattro settimane a Bb, mi sento a volte quasi impaziente di tornare anche solo per un po' a casa. Essere all’estero da soli ed in un posto in cui le persone non sembrano essere esattamente molto socievoli o comunque un po' freddino, ha i suoi contro.

Piccola breve storia inerente gli steriotipi sugli italiani: “ tu non sembri italiana – mi ha detto l’altro giorno la coordinatrice del progetto di volontariato qui in Slovacchia.- "perché?- ho chiesto io". "Non sei rumorosa come molti di loro.