Ho deciso di partire per il Corpo Europeo di Solidarietà un giorno di fine Ottobre dello scorso anno. Venivo fuori da un periodo non propriamente dei migliori della mia vita: il mio storico ragazzo mi aveva mollata di punto in bianco per mettersi con un' altra, ( e fosse stato solo questo il peggio di tutta la situazione....), il lavoro non andava altrettanto meglio. Curriculum su curriculum inviati per tutta l'Italia senza alcuna risposta, nonostante due lauree e diverse esperienze di lavoro alle spalle nel mio settore di studi. Quei quattro spiccioli che racimolavo ogni due mesi, (sempre se mi andava bene) con il mio impiego da giornalista presso il giornale dell'isola dalla quale provenivo (Ischia) o con quei lavori saltuari che riuscivo a trovare di tanto in tanto, non mi bastavano a creare di certo una mia indipendenza; Senza contare poi che l'editore del giornale mi trattava spesso come un'idiota o sembrava quasi dovessi pagare io lui per il lavoro che svolgevo. Mi sentivo totalmente fuori posto: come se ci fosse qualcosa di sbagliato in me o non fossi abbastanza all'altezza o come se nella mia vita avessi sbagliato tutto.
Da diverso tempo il mio desiderio era quello di fare un'esperienza all'estero, ma non avevo abbastanza soldi da parte per potermi trasferire altrove. Un bel giorno girando sul web ho, però, finalmente trovato quello che sembrava facesse al caso mio: il Corpo Europeo di Solidarietà, iniziativa promossa dall'Unione europea, aperta ai giovani dai 18 ai 30 anni, attraverso la quale si dava loro la possibilità di prendere parte a progetti di volontariato e di tirocinio all'estero, o anche nella propria madre patria, a costo praticamente 0: alloggio, viaggio di andata e ritorno tutto pagato dall'associazione ospitante, più un pocket money mensile ( intorno ai 250-300 euro al mese a seconda del costo della vita del paese ospitante) che mi avrebbe consentito di fare un' esperienza in un' altra nazione senza aver bisogno di soldi da parte. Così mi sono detta: why not? In fondo non avevo nulla da perdere.
Un pò forse la rabbia per tutti gli eventi spiacevoli che mi erano capitati, un desiderio di rivalsa e di implementare il mio Curriculum e la voglia di fare qualcosa di diverso che desse una ventata di aria fresca alla mia vita, sono stati la spinta che mi ha portato ad intraprendere un progetto ESC fuori dall'Italia.
Ho così cercato un progetto che fosse attinente al mio percorso di studi e di formazione o che quanto meno gli si avvicinasse e dopo vari colloqui per diverse destinazioni sono stata selezionata per un progetto in Slovacchia, per l'organizzazione Platform of volunteer centres and organization. Il mio compito sarebbe stato quello di diffondere l'idea di volontariato, attraverso workshop, open day, social network o creando un mio progetto ad hoc di comunicazione.
L'idea di partire per un paese che non conoscevo affatto, lingua compresa, mi spaventava, ma la parte determinata di me non voleva tirarsi indietro a nessun costo. A maggior ragione perchè, in fondo, tutto quello che avevo conosciuto fino a quel momento, comunque mi si era rivoltato contro.
Così a Gennaio sono partita. Non è stata una passeggiata, sarò sincera: mi sono ritrovata a Banska Bystrica , una cittadina universitaria nel centro della Slovacchia, come unica volontaria del progetto in questione. Proprio perchè non era stato selezionato nessun altro volontario, ho sentito ancora di più la lontananza da casa, dai miei amici e a volte la solitudine. Anche i mentori che avrebbero dovuto aiutarmi ad inserire nella vita cittadina del posto o quanto meno farmi conoscere il luogo, non sono stati molto di aiuto nel mio caso, troppo occupati spesso e volentieri nei loro impegni per poter svolgere bene quello che doveva essere il loro compito nei miei confronti. Ci sono stati interi weekend che trascorrevo da sola, in un dormitorio studentesco femminile che ogni sabato e domenica si svuotava del tutto; mi sono sentita spesso spaesata dalla freddezza degli slovacchi e delle mie stesse coinquiline del dormitorio. Quando poi è arrivato il Coronavirus, non è mancata lo stress di trovarmi da sola, in un paese straniero e la frustrazione di non poter più svolgere alcuna delle attività che avrei dovuto fare e di non poter incontrare nessuno. Per me è stata quindi un' esperienza di sfida su ogni fronte. Nonostante i numerosi alti e bassi, però, quella nell'ESC è un'esperienza che rifarei senza alcuna remora.
Ho avuto modo di conoscere una nuova cultura ed un paese che generalmente nessuno prende mai in considerazione, ho spinto me stessa, nonostante la timidezza e l'insicurezza che mi hanno sempre caratterizzata, a crearmi da sola una rete di contatti sociali, anche al di fuori della mia host organization e del mondo del volontariato; mi sono ritrovata, in alcuni giorni, ad andare a zonzo all'avventura, a scoprire nuovi posti, anche lontano da Banska Bystrica, prendendo treni, autobus, pur sapendo che, se mi fossi malauguratamente persa, sarebbe stato un bel casino chiedere indicazioni, dato che in Slovacchia in tanti non sanno parlare inglese o non lo capiscono. Ho imparato a gestire la vita casalinga dovendo calcolare le spese in base al mio pocket money mensile.
Ho conosciuto anche tanti volontari ESC sparsi per la Slovacchia,- qualcuno solo purtroppo
virtualmente (dato lo scarso tempo che abbiamo avuto a disposizione)- venuti da ogni parte dell'Europa: Turchia, Spagna, Estonia, Francia, Bulgaria, Polonia, etc etc. C'era chi teneva classi di inglese aiutando alcune organizzazioni nella capitale Bratislava, chi organizzava attività ricreative o di inserimento sociale per la comunità rom in alcuni piccoli villaggi, chi, organizzava attività nel teatro o festival culturali, o chi, come me, aveva un progetto più di promozione e divulgazione.
Quando si parla di volontariato in tanti pensano solo che si tratti di fare opere di bene verso il prossimo, e che non ci sia nessun guadagno (almeno dal punto di vista monetario) ma non è così.
Soprattutto quando si parla del Corpo Europeo di Solidarietà. I soldi che prendevo mi bastavano non solo per vivere, ma anche, volendo, per girare le città non lontane dalla Slovacchia. Oltre ad aver potuto supportare la Piattaforma in alcune attività e al tempo stesso imparato cose nuove sul mondo del volontariato e non solo, è stata un esperienza di arricchimento personale e un modo per guardare le cose da una nuova prospettiva. Una mattina, ad esempio, la coordinatrice del mio progetto mi ha chiesto di realizzare un albero dei miei obiettivi personali, di riflettere su cosa sapevo fare o su quello in cui credevo di essere brava e le skills che avrei voluto imparare o migliorare durante il mio percorso nel Corpo europeo di solidarietà. E' stato per me un momento per riflettere sulla mia persona, sui miei limiti e sulle mie capacità e su quello che potevo fare per evolvermi in una versione migliore.
Purtroppo poco dopo due mesi è arrivato il Coronavirus più qualche altro intoppo di altra natura all'interno alla organizzazione che ha reso difficoltosa per me la permanenza in Slovacchia.Al momento sono in Italia, con ancora diversi punti interrogativa sulla mia vita professionale e personale, ma posso dire che l'esperienza in ESC mi ha insegnato molto, seppure il tempo sia stato poco e mi ha aiutato ancora di più a rigenerarmi dopo il periodo difficile che avevo vissuto.
A tutti i giovani che magari si ritroveranno a leggere questo mio post, quindi, è un'esperienza che consiglierei di fare. L'ESC è un'occasione non solo per avvicinarsi ad altre culture e implementare il proprio curriculum professionale, ma anche per mettere alla prova la propria persona e guardare se stessi sotto una prospettiva differente.
I decided to leave for the European Solidarity Corps one day in late October last year. I came out from a time not exactly the best of my life: after twelve years my boyfriend broke up with me because of an other girl; the job situation was not so much better. Lots of Curriculum sent throughout Italy without any feedback, despite two degrees and different work experiences behind me in my field of study. Those few money that I collected every two months with my job as journalist or with those occasional jobs that I could find from time to time, were not enough to create certainly my independence; Moreover the editor of the newspaper often treated me like an idiot, (just because maybe I am the youngest in the staff) as if I had to pay him for the work that I did. I felt totally out of place: as if there was something wrong with me.
For some time my wish was to have an experience abroad, but I hadn't enough money to be able to move to somewhere. However, one day, browsing the web, I finally found what I was looking for: the European Solidarity Corps, an initiative promoted by the European Union open to young people aged from 18 to 30 years old, through which they have the opportunity to join in volunteering and internship projects abroad, or even in their mother country, at 0 cost: accomodation, go anche back travel tickets from your country to the project destination, paid by the host association plus a monthly pocket money (around 250-300 euros per month) that would have allowed me to do an experience in another country without needing to have a nice bundle of money aside. So I told to myself: why not?
Probably a little bit of anger for all the unpleasant events that happened to me, a desire for revenge and to implement my CV and the desire to do something different that would give a turn to my life, were the push that led me to join an ESC project.
So I searched for a project that was close to my studies and after various interviews for different destinations and projects, I was selected for a project in Slovakia, for the Platform of volunteer centres and organizations. My job would have been to spread the idea of volunteering, through workshops, open days, social networks or creating my own communication project. The idea of leaving for a country that I didn't know at all, including language, scared me, but the determined part of myself didn't want to step down at any cost. Especially because it was an opportunity to expand my intercultural knowledge and to prove to myself that I could survive in a totally unknown place.
I left in January for Slovakia. It was not an easy walk: I was in Banska Bystrica, a Slovak university town, as the only volunteer of the project for Platoform. This is why probably, - because there were not others volunteers with me- I felt even more the distance from my home, from my friends and sometimes the loneliness. Even the mentors who should have helped to introduce me into the local city life or at least let me know the place, were not very helpful: too busy sometimes in their schedules, to be able to do well what should have been their task towards me. There were whole weekends that I spent alone, in a female student dormitory that every Saturday and Sunday was empty; I often felt confused by the coldness of some Slovaks and of my own roommates from the dormitory. When the Coronavirus arrived, I was frustrated and stressfull of being alone, in a foreign country, without any cohabitant in my accommodation with whom to exchange even a little chat, or to meet someone and of not being able to carry out any of the activities that I should have done.
So for me it was a challenging experience. Despite the ups and downs, however, I would do again the ESC Experience, without any regrets.
I discovered a new culture and a country that generally no one takes into so much consideration, I pushed myself, despite the shyness and insecurity that always characterized me, to create by myself a network of social contacts, even outside from my host organization; I found myself, in a few days, strolling around the adventure, discovering new places, even far from Banska Bystrica, taking trains, buses, although I knew that if I unfortunately lost myself, , it would have been a problem to ask for directions, because lots of people in Slovakia can't speak in English or can't understand it. I learned how to manage my home life, calculating the expenses based on my monthly pocket money.
I also met many ESC volunteers around Slovakia, unfortunately some of them just online, who came from all over Europe: Turkey, Spain, Estonia, France, Bulgaria etc etc. There were those who held English classes, helping some organizations in the capital Bratislava, those who organized recreational or social inclusion activities for the Roma community in some small villages, and those like me who had promotion and dissemination project.
When we talk about volunteering, people think only that it is just someting connected to help others in someways, that there is no gain (at least not monetary) etc etc but it is not totally true. The money I took was enough for me not only to live, but also to travel around the cities and nations not far from Slovakia; moreover, besides having put my skills or knowledge at the disposal of the host organization and at the same
time learning new things, volunteering in Esc was an experience of personal enrichment.
One day, in fact, the coordinator of my project asked me to create a tree of my personal goals, to reflect about what I can do or what I thought I was good at and the skills that I wanted to learn or improve during my path in the European Solidarity Corps. It was a moment for me to reflect about my limits, my abilities.
Unfortunately, the coronavirus arrived and it made my stay in Slovakia difficult for me and I decided to take a break from the project. At the moment I am in Italy, with still several question about my professional life, but I can say that the experience in ESC taught me a lots, althought the short time, a and helped me even more to regenerate my self after the difficult period that I had experienced.
So I would like to say to all the young people who probably will read this post that ESC is an experience that I would recommend. It is an opportunity not only to get closer to other cultures, but also to look at yourself from a different perspective.